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Dignità umana, giustizia e lavoro: ecco l’antidoto per i rischi dell’IA

PIETRO

SACCÒ

Nel discorso ai cardinali il Papa spiega perché ha voluto mettersi nella scia dell’autore della Rerum Novarum: «Oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a una nuova rivoluzione industriale»

«Non sarei sorpreso se nel giro di due o tre anni emergesse il primo “unicorno” fatto da una sola persona: un individuo che fonda, amministra e porta avanti in solitudine con l’aiuto di sistemi di intelligenza artificiale un’azienda da miliardi di euro di fatturato» azzardava qualche giorno fa il giovane manager di un’azienda italiana che si occupa di intelligenza artificiale. Gli “unicorni”, nel gergo di imprese e fondi di investimento, sono startup non quotate in Borsa che hanno raggiunto un valore di oltre un miliardo di dollari. L’idea che attività di queste dimensioni possano essere imprese che fanno lavorare una sola persona poteva sembrare una provocazione esagerata qualche anno fa. Non oggi, quando molti di noi hanno sperimentato personalmente quello che l’IA è in grado di fare.

Chi ha esplorato anche solo superficialmente il mondo dell’intelligenza artificiale generativa – messa a sorpresa a disposizione di tutti da ChatGPT nel novembre del 2022 – si è accorto presto che sistemi di questo tipo, già potentissimi e in rapidissima evoluzione, cambieranno inesorabilmente le nostre vite. Siamo all’alba di quella che assomiglia molto a una nuova Rivoluzione industriale, si apre una fase di trasformazione radicale del lavoro, della relazione tra l’umanità e le macchine, dei rapporti di potere e quindi delle nostre società. C’è soprattutto questo scenario dietro alla scelta di Robert Francis Prevost di scegliere di prendere il nome di Leone XIV. « Diverse sono le ragioni – ha spiegato ieri il nuovo Pontefice nel discorso al Collegio Cardinalizio a proposito di questa scelta –, però principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum Novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

Dignità umana, giustizia, lavoro: Leone XIV ha da subito indicato i tre aspetti della vita per i quali l’avanzata dell’intelligenza artificiale rappresenta un rischio. Sono proprio le questioni più al centro del dibattito in corso sull’IA e il nostro futuro. Anche i più spericolati sostenitori dell’intelligenza artificiale ammettono che queste tecnologie portano con sé enormi rischi per la stessa sopravvivenza dell’umanità. Sam Altman, l’uomo a capo di OpenAI, non esita a paragonare sé stesso a J. Robert Oppenheimer, l’uomo che guidò il gruppo di ricerca che sviluppò la bomba atomica. Non lo dice per gioco: è già evidente che l’IA ha una capacità di evolversi e svilupparsi in autonomia che può permetterle di prendere strade imprevedibili. Comprese quelle che possono portare a fare male agli esseri umani. Fino ad annientarli. Se sembra eccessivamente apocalittico, conviene rileggersi la breve dichiarazione firmata nel maggio del 2023 dagli scienziati considerati i “grandi padri” dell’IA e dai principali manager del settore (compresi lo stesso Altman, Dario Amodei di Anthropic o Demis Hassabis di Google): « Mitigare il rischio di estinzione da IA dovrebbe essere una priorità globale insieme ad altri rischi su scala sociale come le pandemie e la guerra nucleare ». E ancora qualche mese fa, Elon Musk ha ammesso di ritenere che ci sia un 20% di possibilità di “annichilimento” dell’umanità da parte dell’IA.

Chi deve concretamente attenuare questi rischi? Ci dovrebbero pensare i governi e difatti l’IA ha trovato subito spazio nell’agenda degli incontri del G20 e del G7. Ma per decidere come regolare i sistemi di intelligenza artificiale occorrerebbe prima avere un’idea condivisa di giustizia e di etica. In cerca di questi principi ultimi, i grandi del mondo non hanno potuto che tornare a guardare alla Chiesa: papa Francesco è stato invitato dai capi di Stato e di governo a partecipare al G7 in Puglia, lo scorso giugno, proprio per offrire uno sguardo di senso sull’IA. «Uno strumento affascinante e tremendo» la definì il Pontefice, invitando i politici a «creare le condizioni» per un «buon uso possibile e fruttuoso» della nuova tecnologia. Contenuti i rischi esistenziali e imposte le regole, occorrerà capire in che cosa impiegare gli esseri umani sgravati (o privati, a seconda del punto di vista) di un’enorme quantità di lavoro che nei prossimi anni sarà affidato all’IA. Si sprecano le stime su quanti sono i posti di lavoro che l’intelligenza artificiale farà evaporare e quanti ne genererà. L’agenzia Onu Unctad e il Fondo monetario internazionale concordano nel ritenere che in un orizzonte di lungo periodo l’IA possa “impattare” sul 40% dei lavoratori del mondo. Spesso “impattare” è un modo discreto di dire “sostituire”. La possibilità che le aziende sfruttino l’IA in modo miope, facendo “efficienza” attraverso un aumento delle spese per la tecnologia e un taglio più sostanzioso di quelle sul personale, è tutt’altro che remota. Rendere inutile il contributo produttivo di centinaia di milioni di esseri umani alla vita economica è una delle minacce concrete e urgenti che l’IA sta portando. Questa sfida porta con sé quella di una maggiore concentrazione delle opportunità di produrre ricchezza, e quindi un ulteriore allargamento delle disuguaglianze economiche. Il naturale passaggio successivo è la rottura della tenuta sociale delle nostre democrazie.

Leone XIII chiude la Rerum Novarum con un richiamo ad accendere in sé e negli altri la carità cristiana, il «più sicuro antidoto contro l’orgoglio e l’egoismo del secolo». Sono passati centotrentaquattro anni ma l’antidoto è ancora quello. La Chiesa di Leone XIV è pronto a metterlo a disposizione in modo nuovo a un mondo scombussolato dall’AI che ha di nuovo un disperato bisogno di risposte.

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Leone XIV mentre parla ai cardinali, ricevuti ieri mattina a porte chiuse nell’Aula del Sinodo in Vaticano / Ansa

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