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«Un’oasi a Betlemme, seme di nonviolenza»

Inviata a Betlemme

Mentre parla, l’uomo tiene gli occhi bassi. Pronuncia le parole in fretta, quasi sussurrando, per finire il prima possibile. Il sacerdote gli sorride e gli stringe la mano con calore nel salutarlo, come per rassicurarlo. Poi rientra nella parrocchia di San Giuseppe. «So che per lui è difficile chiedere. è abituato a guadagnarsi il pane. Da quasi sei mesi, però, ha perso il lavoro in Israele perché i permessi di entrata sono stati bloccati. Ormai ha consumato tutti i risparmi e non sa come fare. Sono tanti, tantissimi nella stessa situazione», racconta “abuna” (padre) Frederic Masson, prete siro-cattolico, nel commentare l’episodio avvenuto appena prima dell’intervista. L’economia è ferma in tutti i Territori. Nelle stradine incredibilmente silenziose e deserte di Betlemme durante la Settimana Santa, però, la crisi si percepisce al primo sguardo. Pellegrini e turisti sono scomparsi dal 7 ottobre e, insieme a loro, una dopo l’altra si sono abbassate le saracinesche di negozi, ristoranti, alberghi, guest houses. Anche la gran parte delle camere della residenza adiacente a San Giuseppe sono vuote. Ma la struttura è aperta. «Credo siamo rimasti pochi, due o tre forse… – spiega -. Almeno i nostri quattro addetti continuano a lavorare, anche se part time. Per fortuna, di tanto in tanto, almeno arrivano i giornalisti». Di continuo riceve richieste di aiuto. Di cristiani e islamici, senza distinzioni. «E senza distinzioni rispondiamo. Ci siamo interrogati insieme al Patriarcato dei latini su come fare. Anche perché molti che hanno estrema necessità nemmeno chiedono. Il modo migliore è “inventarci” dei micro-progetti per creare impieghi, anche temporanei ». Con questo proposito, negli ultimi mesi, la parrocchia siro-cattolica ha ristrutturato ufficio e sagrestia. «Rimandavamo da anni. Ci siamo decisi per dare qualcosa da fare a qualche muratore, elettricista, falegname. Ripeto, piccole cose, ma almeno sono una boccata d’ossigeno». Non si tratta, però, di iniziative casuali. Abuna Frederic ha un sogno concreto, che spera di cominciare a costruire dopo l’estate. «Dipende dai benefettori, qualcuno c’è ma spero che altri si sommino », dice Frederic, nato in Francia, che ha scoperto il Medio Oriente grazie all’esperienza a Mar Musa, in Siria, con padre Paolo Dall’Oglio. Poi si è fatto sacerdote di rito siro-cattolico e vive in Terra Santa dal 2006.

«In quest’ora di buio per palestinesi e israeliani, il mio sogno è aiutare le persone a recuperare l’idea di futuro. Attraverso gesti semplici. Come prendersi cura di un giardino». Ispirato dalle idea dell’architetto giordano Deema Assaf per contrastare gli effetti del riscaldamento globale, Frederic vuole creare la prima oasi urbana di Betlemme nella terrazza di San Giuseppe. Lo spiazzo affacciato sulla strada che conduce alla Natività è ricoperto nei suoi duecento metri di superficie da lastre rosse e bianche. «Ma sotto c’è terra, terra fertile, su cui piantare specie autoctone che contengano l’aumento delle temperature. Un progetto pilota, facile da replicare per rinverdire Betlemme pur nel poco spazio lasciato dalle tante costruzioni. Altrimenti soffocherò come il resto delle città mediorientali. E noi con lei, come insegna “Laudato si’”. Realizzare un giardino, però, significa anche dare il tempo ai semi di crescere. Nella convinzione che l’esito dello sforzo presente, si vedrà nel futuro, perché sotto la superficie, invisibile, qualcosa di buono sta nascendo. Gli alberi crescono piano come il bene. Creare un giardino, dunque, è una lezione pratica di non violenza». Per padre Frederic la violenza è come un virus: chi lo contrae infetta altri. «Gli unici anticorpi sono gli atti di generosità, accoglienza, dialogo con l’altro. Di ospitalità gratuita che mi ha mostrato padre Dall’Oglio a Mar Musa. Soprattutto in questo momento di odio, la gente è assetata di bontà. È incredibile quanto un gesto di apertura riesca a toccare chi lo riceve. Magari non ce ne rendiamo conto immediatamente ma, nel tempo, ha il potere di ribaltare la prospettiva. Lo sto toccando con mano. L’amore per il nemico di cui ci parla Gesù non è una teoria per tempi migliori. Mai come ora il senso della presenza dei cristiani in Medio Oriente è quello di mostrare che è possibile spezzare il circolo cruento della violenza. A partire da un sorriso, da una mano tesa, da un albero».

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Padre Frederic Masson vuole creare il primo giardino urbano della città: «Gli alberi crescono piano come il bene»

Padre Frederic Masson con un gruppo di parrocchiani di San Giuseppe a Betlemme. A destra, lancio di aiuti umanitari sulla Striscia di Gaza/ Ansa

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