Caso abusi e il fango su Prevost «Tra i pochi vicino alle vittime»
LUCIA
CAPUZZI
Parlano due giornalisti peruviani che hanno condotto un’accurata inchiesta. Per Paola Ugaz Cruz e Pedro Salinas le false accuse sono state create ad arte dal disciolto Sodalicio. «Una vendetta per la forte azione dell’allora vescovo per denunciare i reati commessi»
Inviata a Chulucanas ( Perù)
«Robert Prevost, un vescovo che insabbia le denunce di abusi? Avrei liquidato l’accusa con una risata se non si fosse trattato di un’operazione fatta dai veri abusatori per screditarlo… È questo che ho potuto confermare dopo un accurato lavoro di indagine. Non avevo dubbi. Sono stata testimone diretta dell’impegno e della vicinanza sincera con cui, negli anni, questo pastore ha accompagnato le vittime. Persone con la vita ridotta in brandelli dalle sofferenze inferte loro e dal silenzio…. L’ho visto consolarle, spendersi per loro con coraggio e senza telecamere intorno. Non molti in Perù possono dire di avere fatto altrettanto ». «Il primo incontro con Robert Prevost è avvenuto nel 2018, grazie al nunzio a Lima, Nicola Girasoli. Da quel momento, l’allora vescovo di Chiclayo e secondo vice-presidente della Conferenza episcopale del Perù ha cominciato ad interessarsi, con il suo stile discreto ma fermo, alla questione delle violenze sessuali e di potere perpetrate all’interno della Chiesa. E ha continuato a farlo da prefetto del dicastero dei Vescovi. Ogni volta che andavamo a Roma ci riceveva. E, lo scorso dicembre, ha coordinato un nostro incontro con papa Francesco». A parlare con Avvenire sono rispettivamente Paola Ugaz Cruz e Pedro Salinas. La prima, 51 anni, è tra le più note giornaliste di inchiesta del Paese. Il secondo, 63 anni, anche lui affermato cronista e scrittore, è stato, da ragazzo parte del “Sodalicio de vida cristiana”, gruppo fondamentalista cattolico, sciolto ufficialmente dal Vaticano lo scorso 14 aprile proprio grazie all’indagine, portata avanti per oltre dieci anni dai due reporter. Il loro libro, “ Mitad monjes, mitad soldatos” (Metà monaci, metà soldati), pubblicato da Planeta nel 2015, ha aperto il vaso di Pandora, rimasto sigillato per decenni grazie all’influenza e al denaro della società di vita apostolica fondata da Luis Fernando Figari nel 1971 e arrivata a fatturare centinaia di migliaia di dollari. Questo è costato a Paola Ugaz e Carlos Salinas denunce penali, ostracismo persecuzioni. «I vescovi che sono stati al nostro fianco per far emergere la verità si contano sulle dita di una mano. Uno di loro è Robert Prevost - affermano all’unisono -. Per tale ragione, hanno cercato di fargliela pagare. Non c’è alcun dubbio».
Tra i molti punti in comune che papa Leone XIV ha con il predecessore c’è quello di una macchina del fango attivata nei suoi confronti prima e dopo il Conclave per screditarlo agli occhi dei cardinali elettori e dei fedeli. Francesco fu “incolpato” di aver collaborato con la dittatura argentina, accusa crollata come un castello di carte grazie alle testimonianze dei salvati da Jorge Mario Bergoglio, come dimostrato dai libri-inchiesta di Nello Scavo. Contro l’attuale Pontefice è stata mossa una calunnia ugualmente infamante: quella di avere occultato la denuncia delle tre sorelle Quispe che, nell’aprile 2022, gli avevano riferito i presunti abusi sessuali subiti dal sacerdote di Chiclayo, Eleuterio Vásquez Gonzáles, nel 2004 e nel 2009 quando erano ancora minorenni. A rivolgergliela, il programma “ Cuarto poder” trasmesso dall’emittente peruviana América tv l’8 settembre 2024. All’epoca, l’ormai cardinale Robert Prevost, aveva lasciato Chiclayo per assumere la guida del Dicastero dei vescovi. «Come tale, aveva ricevuto il rapporto sulla visita canonica al Sodalicio realizzata, nel luglio 2023, da Charles Scicluna, segretario aggiunto del Dcastero per la dottrina della fede, e dell’officiale della stessa realtà, Jordi Bartomeu – spiega Paola Ugaz -. Uno dei risultati di quella minuziosa indagine è stata la rinuncia dell’allora vescovo di Piura e Tumbes e membro della società di vita apostolica, José António Eguren, otto anni prima rispetto all’età prevista. I contadini della regione, poverissimi, l’avevano denunciato per complicità nel furto di terre da parte di latifondisti locali. Ed è solo una delle molte ombre emerse su Eguren nel corso della missione Schicluna-Bartimeu. In quel frangente, Robert Prevost non ha avuto paura di agire con decisione. E, così, è iniziata la campagna diffamatoria, guidata da una serie di media dell’ultradestra cattolica, a cui si è unito “ Cuarto poder” ». «Il più attivo è stato “ La Abeja”, un sito ultra-conservatore peruviano vicino a Sodalicio – le fa eco Pedro Salinas -. L’operazione si è articolata in tre tempi. Le prime notizie sono state diffuse a qualche mese di distanza dalle dimissioni di Eguren, quando assume la difesa delle sorelle Quispe un oscuro personaggio, Ricardo Coronado, ex agostiniano, canonista e sacerdote poi espulso per uno scandalo sessuale negli Usa. È stato uno dei più strenui difensori del gruppo di Figari. Dopo la morte di papa Francesco, i presunti scoop sono stati rilanciati con forza in vista del Conclave. Poi, subito dopo l’elezione, il tam tam è ripreso». Nel frattempo, prima la diocesi di Chiclayo, poi l’ex Santo Uffizio avevano già verificato e proclamato pubblicamente l’infondatezza delle affermazioni. «Già, perché, come ho potuto appurare, Leone XIV ha agito con diligenza non comune, almeno da queste parti, dopo avere ascoltato la testimonianza delle sorelle Quispe», sottolinea Paola Ugaz.
Come misura cautelare, il sacerdote accusato, che continua a professarsi innocente, è stato subito rimosso dalla parrocchia. L’allora vescovo Prevost gli ha proibito l’esercizio pubblico del ministero e ha offerto alle giovani sostegno psicologico. Dopo tre mesi di studio, ha inviato il caso al Dicastero per la dottrina della fede, l’organismo competente in materia di abusi. Dopo una prima archiviazione “pro nunc” di quest’ultimo, il 10 agosto 2023, a tre mesi di distanza, la diocesi di Chiclayo – da cui monsignor Prevost era andato via – ha riaperto il caso in seguito alle rimostranze di una delle vittime, Ana María Quispe. Quindi l’ha messo di nuovo nelle mani dell’ex Sant’Uffizio dove è tuttora aperto. «Non siamo mai stati teneri con la Chiesa o i vescovi quando notavamo dei comportamenti sospetti, pagando in prima persona – concludono i due reporter -. Non ci giocheremmo la nostra credibilità per difendere Leone XIV se non fossimo certi che è un alleato di chiunque si batte contro la cultura del silenzio e dell’impunità nella Chiesa».
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La gioia e l’entusiasmo dei fedeli peruviani davanti alla Cattedrale dedicata a Santa Maria a Chiclayo, diocesi che l’allora vescovo Robert Francis Prevost ha guidato dal 2015 fino al 2023 / Reuters
