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Trattenimento, Paesi sicuri e procedure: le norme e le direttive Ue sotto i riflettori

DANIELA

FASSINI

«Quello che è successo era tutto previsto nelle procedure» commenta così, il giurista Salvatore Fachile di Asgi (l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) il rientro in Italia di quattro dei 16 migranti (10 bengalesi e 6 egiziani),intercettati in mare e trasferiti nei centri in Albania. I primi a sperimentare le procedure accelerate di frontiera in un Paese terzo.

«Ovviamente sono previsti diversi screening per individuare i minorenni e le persone fragili –aggiunge – ed è normale che a Shëngjin (nell’hotspot in terra albnese, ndr) queste persone possono essere valutate diversamente. La vulnerabilità non è semplice da individuare: ci sono le vulnerabilità eclatanti, come gli anziani, le donne e i nuclei familiari e meno eclatanti come le vittime di tratta e tortura. L’ultimo screening a Shëngjin ha effettivamente valutato che due ragazzini erano minorenni e un paio di loro vulnerabili perché proveniente dalla Libia erano vittime di tortura». La procedura prevista, quindi, ha funzionato. E i restanti naufraghi trasferiti dal pattugliatore Libra della marina militare saranno trattenuti nel campo di Gjadër, nell’attesa dell’esito della domanda di asilo e nella speranza di poter comunque evitare il rimpatrio. « Dovrebbero essere nell’hotpost di 800 posti e non nel recinto, il Cpr (il Centro per il rimpatrio, ndr). Qui sono trattenuti come previsto dalla procedura di frontiera che però, ricordiamo, è naufragata a Palermo e a Catania» sottolinea Fachile. In questi ultimi due casi, infatti, i giudici non hanno convalidato i trattenimenti dei migranti all’interno dell’hotspot perché la procedura di frontiera ha il presupposto del Paese di provenienza sicuro e «la corte di giustizia ha demolito questo concetto» aggiunge Fachile.

Il rischio, per i giuristi esperti di diritto dei migranti è che oggi il tribunale di Roma (competente per il giudizio sulle procedure in Albania) dica che queste persone non possono essere trattenute nel centro.

« Abbiamo detto fin dall’inizio che questo accordo è illegittimo – dichiara Filippo Miraglia (Arci e portavoce Tavolo Asilo) – e ovviamente già quello che è successo dimostra che abbiamo ragione: la selezione delle persone secondo quanto stabilito dalla legge italiana - che noi reputiamo illegittima - si dimostra che questa divisione tra vulnerabili e non vulnerabili non funziona, con spreco di risorse e un trattamento delle persone del tutto illegittimo».

A questo punto, la questura di Roma ha 48 ore per emettere il provvedimento di trattenimento del richiedente asilo: dopodiché la pratica passa al tribunale di Roma che ha 48 ore di tempo per convalidare il fermo. Ma la procedura è ancora tutto in bilico. «Sappiamo che non si possono fare trattenimenti con motivazioni collettive – aggiunge Miraglia –il trattenimento deve avere motivazione personale».

Sotto i riflettori ci sono quindi le procedure: quelle di frontiera e d’urgenza, come stabilite dal decreto Piantedosi. Procedure legate alla definizione di Paese sicuro o non sicuro come Paese d’origine del richiedente asilo. « La designazione di un Paese come Paese di origine sicuro è prevista dal diritto Europeo poi viene lasciato agli stati membri la facoltà e le modalità per implementarla – spiega Luce Bonzano, avvocato ed esperto di diritto dell’immigrazione (socia Asgi) - Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, in un caso riguardante un richiedente asilo moldavo giunto nella Repubblica ceca, afferma che la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro deve estendersi a tutto il suo territorio, accezione che non viene invece considerata dall’Italia». La formulazione italiana prevede la possibilità che nella designazione di un paese di origine sicuro possa essere fatta anche se alcune parti di territorio non sono sicure o non lo è per determinate categorie di persone.

Perché è così importante questa definizione? «Perché il trattare la domanda di protezione internazionale di una persona come proveniente da un Paese d’origine sicuro fa si che sia trattata con una procedura accelerata se la persona è già sul territorio ed è in stato di libertà ma se arriva dagli sbarchi in frontiera e dopo aver fatto sempre domanda di protezione – spiega Bonzano – può essere trattata con una procedura di frontiera che, oltre ad essere una procedura accelerata - con meno garanzie difensive e un istruttoria meno approfondita perché ha dei tempi di esame molto stretti prevede oltretutto il trattenimento della persona, quindi anche la limitazione della libertà personale».

La definizione di Paese sicuro può quindi pregiudicare l’applicazione di quel tipo di procedura, attualmente in uso nei centri in Albania. « La procedura di frontiera come quella accelerata viene applicata a chi proviene da un paese di origine sicuro» conclude la giurista. Recentemente però i giudici di Palermo e Catania non hanno convalidato alcuni trattenimenti di richiedenti proveniente da paesi cosiddetti sicuri proprio per il contrasto con la normativa europea. Non è automatico privare della libertà i cittadini di paesi di origine sicuri, e a detta dei giudici, la procedura accelerata o di frontiera si può applicare solo previa verifica della concreta ed attuale pericolosità del paese in questione.

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«Il rischio è che i giudici del tribunale di Roma sospendano il trattenimento dei richiedenti asilo»

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