Il patriottismo unisce e costruisce Il nazionalismo divide e distrugge
Con l’elezione di Trump alla Presidenza Usa pare tornato in auge un nazionalismo pseudo-religioso spacciato per patriottismo che propone l’idea di una comune identità, murata dentro solidi confini geopolitici. In realtà non è mai stato così, perché la storia è un continuo movimento soprattutto nell’odierno mondo globalizzato, dove non c’è alcuna nazione che abbia al suo interno una sola identità omogenea. È quindi più che mai necessario chiarire che il nazionalismo, e men che meno il sovranismo, non vanno confusi con il patriottismo. Il patriota è orgoglioso del suo Paese per quello che contribuisce a costruire, il nazionalista si vanta del suo Paese con una cieca arroganza, nell’errata convinzione che il sostegno alla propria patria comporti chiudere le porte alle patrie altrui. La mitizzazione del nazionalismo sfrutta il fattore religioso e Papa Francesco avverte: « I nazionalismi chiusi e aggressivi e l’individualismo radicale sgretolano o dividono il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa». « Il prezzo più alto lo pagano coloro che più facilmente possono diventare gli altri: gli stranieri, i migranti, gli emarginati, che abitano le periferie esistenziali » . Insomma, i nazionalismi sono contrari alla logica evangelica. Lo slogan sovranista “Europa dei patrioti” è una contraddizione perché dovrebbe comportare l’idea di “patria europea” comune piuttosto che un suo smembramento. Uno scippo lessicale, quello degli autoproclamati patrioti, nelle formazioni di estrema destra nostalgica dei Paesi europei e negli Usa.
Cosa vuol dire patria? La patria è qualcosa a cui si appartiene, non qualcosa che ci appartiene. Una comunità che si onora servendo le istituzioni, pagando le tasse, facendo il proprio dovere senza furberie. I patrioti citati dal Presidente Mattarella nel discorso di fine anno sono gli insegnanti, i medici del pronto soccorso, tutti quelli che fanno con dedizione il loro lavoro a servizio della collettività. Siamo figli della nostra patria. Nel concetto di patria sta anche l’idea di lascito, di consegna, di memoria. L’appartenenza ad un insieme di lingua, tradizioni, storia, territori si riceve. Ma non per sangue, si riceve per cultura. Appartenere ad una tradizione impone il compito di capirla, di farla propria, di saperne cogliere i valori. Ma c’è anche il senso di una responsabi-lità, di un compito di cura, di una solidarietà che si prodiga. Perché siamo figli della patria, ma anche padri e madri della patria, se ci si spende per il bene comune e se lavoriamo per consegnare a nostra volta un Paese in cui si vive in pace.
Gli scippatori del termine patria spesso non si fanno scrupoli a manifestare ostilità e odio come marchio di fabbrica di una modalità aggressiva e minaccioso di fare politica. Strana cosa amare l’Italia e odiare la metà degli italiani. Oppure si dichiarano orgogliosi della propria patria, ma solo utilizzando questa bandiera come un randello contro gli estranei, attribuendosi peraltro il compito di dare la patente di estraneo a chi decidono loro. Il nostro Paese non è uniforme, non lo è mai stato nella lingua, nelle tradizioni, nelle usanze. Se c’è una storia comune è quella delle gelosie fra campanili, delle peculiarità delle ricette locali, della competizione fra territori. È il mescolamento delle distinzioni che ci rende curiosi e innamorati del nostro Paese, non l’uniformità ed il conformismo. Siamo simbolicamente padri e madri della patria. Ma non dimentichiamoci che molti di noi sono concretamente e letteralmente padri e madri di espatriati. Il nostro Paese si difende furiosamente dagli immigrati (salvo poi impiegarli nelle stalle, o metterli accanto ai propri anziani) ma non aiuta per niente i propri ragazzi a trovare nel loro Paese una patria. I nostri figli hanno spesso conosciuto una patria smemorata, negligente, ingenerosa. Sono scappati via per ansia di libertà e di apertura ad esperienze diverse, ma anche per trovare lavori, carriere, stipendi decenti e responsabilità gratificanti. Hanno trovato altre patrie, le hanno amate, confrontate, intrecciate alle loro origini. Hanno dato vita a famiglie la cui cultura è frutto di integrazioni fra diversità. Non sarà facile riportare al cortile di casa generazioni che hanno viaggiato, studiato, lavorato spostandosi. Ci stanno insegnando il senso della patria europea e anche di intrecci e fratellanze globali.
Alberto Mattioli e Maria Prodi