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Quei cristiani martiri al Passo della Vergine

GIORGIO

PAOLUCCI

L’odissea dei “cristiani nascosti” attraversa tre secoli della storia del Giappone, esempio luminoso di fedeltà a Cristo usque ad sanguinem. Il governo dei samurai segnato dalla dominazione della famiglia Tokugawa (1644-1853) fu caratterizzato dalla chiusura del Paese ai rapporti con l’esterno e dal divieto di praticare la religione cristiana, che dopo l’arrivo di Francesco Saverio si era rapidamente diffusa nella parte meridionale, facendo di Nagasaki “la Roma d’Oriente”. Per sottrarsi alle ripetute persecuzioni, migliaia di persone cercano rifugio sulle isole o in zone disabitate come Urakami (vicino a Nagasaki) dove pur nell’assenza di sacerdoti riescono a conservare la fede: danno vita a una Chiesa sotterranea, nominano un capo della comunità che ricorda ai confratelli il calendario liturgico e tramanda questo compito al primogenito, designano una persona quale responsabile dell’acqua per il battesimo, che viene impartito dal capofamiglia.

A partire dal 1858 la firma dei Trattati ineguali con Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Olanda e Francia segna la “riapertura” del Giappone e porta con sé la concessione della libertà di culto, peraltro rigorosamente limitata agli stranieri. Nel 1863 tornano in Giappone i sacerdoti europei, il missionario francese Petitjean costruisce a Oura, a poca distanza da Urakami, una chiesa intitolata ai 26 martiri crocifissi nel 1597 (San Paolo Miki e compagni). È qui che il 17 marzo 1865 si presenta al sacerdote un piccolo gruppo di cristiani, guidati da una donna, che lo mette al corrente dell’esistenza di migliaia di fedeli che per secoli avevano conservato la fede nel nascondimento. Nei mesi successivi molti di loro escono allo scoperto, scatenando però una nuova fase di persecuzioni. Oltre 3.400 persone vengono deportate da Urakami e rinchiuse in 22 campi di detenzione, uno dei quali è un tempio buddhista presso il Passo della Vergine a Tsuwano. Dal 1868 al 1873, 153 cristiani vengono lì deportati e sottoposti a privazioni e torture per indurli ad abiurare. Molti resistono per anni ad atroci supplizi quotidiani, senza mai cedere e rinnegare la fede in Cristo. Le crudeltà perpetrate sono di tale intensità e durata che 37 dei più tenaci fedeli perdono la vita. Tra loro brilla la testimonianza di Yasutar Giovanni Battista Mori che, rinchiuso in una gabbia di un metro cubo e abbandonato per due settimane nel gelido inverno di un gennaio nevoso, racconta di un’apparizione della Vergine che gli fa compagnia ogni notte, fino a quando sopraggiunge la morte. Il racconto delle torture diviene noto ai corpi diplomatici occidentali presenti nel Paese e da lì rimbalza sui mezzi d’informazione di tutto il mondo infiammando l’opinione pubblica e generando una crisi internazionale. Nel 1870 Pio IX indirizza una lettera ai cristiani giapponesi «che sono tenuti prigionieri in nome del Signore». Il governo avvia un’indagine conoscitiva, al termine della quale decide di abolire i divieti alla professione del cristianesimo e di rilasciare i detenuti. I sopravvissuti che fanno ritorno a Urakami cominciano a ripopolare i villaggi e costruiscono una chiesa che viene inaugurata nel 1914: è la più grande chiesa d’Oriente e nel 1962 sarebbe stata eretta a cattedrale di Nagasaki.

Le storie di questi indomiti testimoni della fede vengono raccontate nel libro Il Passo della Vergine, pubblicato in questi giorni dalle edizioni San Paolo (pagine 160, euro 16,00, traduzione e curatela di Gabriele Di Comite) e scritto nel 1951 da Takashi Paolo Nagai, medico radiologo sopravvissuto all’esplosione nucleare che nel 1945 aveva distrutto Nagasaki, avendo come epicentro proprio la zona di Urakami. Takashi, educato secondo i principi dello scintoismo, quando era studente di Medicina aveva preso dimora a Urakami presso la famiglia Moriyama, erede della tradizione dei cristiani nascosti. Colpito dalla loro testimonianza, inizia un percorso di conversione che lo porterà a ricevere il Battesimo proprio dalle mani di un sacerdote figlio di uno dei sopravvissuti alle torture subite al Passo della Vergine. Dopo l’esplosione della bomba atomica nel 1945, nella quale aveva perso l’amata moglie Midori che aveva avuto un ruolo decisivo nel suo incontro con il cristianesimo, Takashi diventa punto di riferimento per la rinascita spirituale e materiale di Nagasaki e sceglie di andare ad abitare a Urakami, epicentro dell’esplosione. Fiaccato dalla leucemia, trascorre gli ultimi anni nel nyokodo, “il luogo dell’amore a se stessi”, minuscola capanna in cui vive insieme ai suoi due figli, scrive libri che diventano best seller, riceve migliaia di persone in pellegrinaggio al suo capezzale. Ormai ridotto in fin di vita dalla malattia, quando viene a sapere che i gesuiti stanno costruendo un santuario al Passo della Vergine in memoria dei cristiani martirizzati, in venti giorni scrive un libro sulla loro odissea, rielaborando le testimonianze raccolte a suo tempo dai sopravvissuti. Contribuisce così a rendere quel santuario uno dei più popolari in Giappone, dove ogni anno dal 1952 si conclude un pellegrinaggio a cui partecipano migliaia di persone. Nel 2013, l’allora vescovo di Hiroshima Tommaso Aquino Many Maeda, oggi cardinale e arcivescovo di Osaka, ha dato inizio alla fase diocesana del processo di indagine per la canonizzazione dei 37 Martiri del Passo della Vergine di Tsuwano, che mediante tale atto sono riconosciuti come servi di Dio. Anche per i coniugi Midori e Takashi Nagai è in corso la causa di canonizzazione: storie di santità sbocciate in un Paese dove i cristiani sono lo 0,34 per cento della popolazione, ma hanno molto da offrire a una società secolarizzata eppure ancora pervasa da un forte senso religioso.

In un disegno tanto misterioso quanto sorprendente, nella vita dell’autore di questo libro passato e presente si danno la mano: l’odissea dei “cristiani nascosti” e la loro indomita fedeltà a Cristo s’intrecciano con la tragedia della bomba atomica, e insieme inviano un monito all’umanità intera perché il valore infinito della persona sia riconosciuto come il bene più prezioso, al quale nulla anteporre.

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