«L’anima come l’amicizia e l’amore non si vede nemmeno con una tac»
GIUSEPPE
MUOLO
PORETTI ALL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO ALLA LATERANENSE
Roma
Non se lo sarebbe mai immaginato Giacomo Poretti di essere introdotto in un suo monologo da un canto gregoriano. Le sue parole strappano più di un sorriso a tutti. Compresi il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, e l’arcivescovo Vincenzo Amarante, rettore della Pontificia Università Lateranense.
Le risate e il raccoglimento hanno accompagnato ieri l’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’“ateneo del Papa”. L’attore, componente del trio comico Aldo Giovanni e Giacomo, è stato chiamato a recitare il suo monologo “Per fare un’anima”. «Le gambe mi fanno “Giacomo Giacomo” – dice Poretti scherzando, ma non troppo –. Prima di venire qua ho fatto tutti i sacramenti possibili, alcuni anche due volte», aggiunge. Ridono tutti nell’Aula Magna. Così come pochi minuti prima avevano intonato insieme l’inno liturgico gregoriano Veni Creator Spiritus. Un’unica voce a invocare il Signore. E proprio a Dio si è affidato il cardinale Tolentino, che ha individuato nel dialogo e nella difesa della tradizione l’unica strada possibile per immergersi pienamente nella ricerca della verità e nelle sfide dell’avvenire. Parlando degli atleti che prendono lo slancio per saltare, ha esortato le università cattoliche a fare lo stesso. «Senza fedeltà al passato, non possiamo essere frequentatori del futuro – ha detto –. Mai dimenticando, però, che la sfida non richiede solo un’intelligenza creativa, ma anche una collettiva». Tuttavia, ha sottolineato il porporato, che ha letto la dichiarazione di apertura dell’anno accademico, «ci si aspetta che gli atenei della Chiesa non custodiscano solo la memoria dei tempi passati, ma che siano anche sonde del domani. Non possono vivere solo per sé stessi – ha aggiunto –. Lo sviluppo dipende dall’ascolto e dalle pratiche collaborative ». Secondo Tolentino, dunque, «dobbiamo dialogare con il mondo presente senza preoccupazione, altrimenti rischiamo di non essere il sale e la luce della terra».
Sulla stessa scia il rettore Amarante, che ha consegnato a Tolentino e a Poretti una pergamena di ringraziamento. Accanto a lui, durante il canto gregoriano, presente anche l’arcivescovo Baldassare Reina, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che assumerà la carica di gran cancelliere della Lateranense il prossimo 8 dicembre, il giorno dopo aver ricevuto la porpora cardinalizia. Facendo eco alle parole di Tolentino, Amarante ha parlato di una duplice missione dell’università: «Dialogare sia all’interno della Chiesa, sia in uscita». Perché, ha detto, «un ateneo che non fa cultura e che non si confronta con il mondo esterno, diventa autoreferenziale. L’università del Papa deve puntare sempre in alto, avviando processi virtuosi, più che occupare spazi».
Proprio in questa prospettiva si è mosso il monologo di Poretti. Esiste realmente l’anima? Ma soprattutto, anche se la scovassimo, che cosa ce ne facciamo nel 2024? Le grandi domande che si è posto. «Se il mio algoritmo di Amazon non me l’ha mai suggerita, vorrà dire che non ne ho bisogno», ha commentato scherzando. «Padre Bruno, il sacerdote che ha sposato me e mia moglie, quando è nato nostro figlio Emanuele ci disse: “Bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima”». Oggi l’attore ha capito che «come l’amicizia e l’amore, anche l’anima non si può misurare né individuare con una Tac, con un mezzo di contrasto e nemmeno con le analisi del sangue». E che, «per realizzarla e nutrirla veramente bisogna iniziare con il ringraziare il Padre Eterno ed essere sempre gentili con tutti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giacomo Poretti all’inaugurazione dell’anno della Lateranense / Siciliani