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Plastic Free. «Ho visto l’immondizia che lascia sulla spiaggia una mareggiata e ho deciso di agire»

DI STEFANO DE PALO

In occasione del mese del Creato, abbiamo avuto il piacere di incontrare Roberta Torrente, referente locale di Albenga del movimento Plastic Free, nato in Italia nel 2019 e con referenti in decine di Paesi nel mondo.

Ci racconti qualcosa di lei: cosa fa nella vita e come è entrata nel movimento Plastic Free?

Mi chiamo Roberta, albenganese d’adozione che lavora nel settore aeronautico. Da sempre sono attenta all’impatto che l’uomo ha sull’ambiente e dal 2018 provo a ridurre il mio, diminuendo i consumi, soprattutto di plastica. Sono diventata referente nel 2020. In seguito ad una mareggiata ad Albenga, basita dal numero di immondizia sulla spiaggia, ho deciso di agire: non c’era nessuno che organizzasse raccolte nelle vicinanze, così mi sono messa in gioco.

Di cosa si occupa Plastic Free, qual è la sua storia e dove è presente nel mondo?

Si tratta di un’organizzazione di volontariato apartitica, indipendente e senza scopo di lucro, impegnata in progetti concreti di sensibilizzazione su più livelli (della cittadinanza, delle istituzioni e delle aziende) e in battaglie per la salvaguardia del pianeta dall’inquinamento da plastica, soprattutto monouso. Oggi è la più concreta realtà sul territorio italiano e con una presenza in oltre 30 nazioni di tutto il mondo, arrivando in stati come Camerun, India e Kenya, per citarne alcuni: paesi con evidenti problemi di gestione dei rifiuti, soprattutto plastici. Portiamo avanti diversi progetti che spaziano dall’accompagnare le istituzioni a diventare sempre più plastic free, ai cleanup day (n.d.r. Giorni della pulizia), alla sensibilizzazione nelle scuole e nelle aziende, al supporto alla ricerca scientifica, al salvataggio delle tartarughe marine.

Come siete organizzati sul territorio, quali iniziative sono state intraprese e quali sono i progetti futuri?

Ho effettuato raccolte ovunque trovassi associazioni, volontari o amministrazioni interessate: Calice Ligure, Garlenda, Albenga, Ceriale, Imperia. Ho effettuato sporadicamente delle giornate di sensibilizzazione al campo estivo comunale di Albenga, incontrando bambini ben consapevoli, loro malgrado, dell’immondizia nei loro mari. Ho supportato Ceriale ed Imperia nel progetto Comune Plastic Free, con esiti molto soddisfacenti. Nel futuro vedo tante raccolte ed una comunità di volontari sempre più grande.

In quale modo potrebbero essere coinvolte le comunità ecclesiali?

Per portare avanti i progetti Plastic Free servono risorse umane. Siamo pochi referenti per coprire il lungo territorio della Liguria, quindi ne approfitto per fare una chiamata all’azione alla comunità ecclesiale. Se fossimo più referenti, copriremmo più zone, organizzeremmo più raccolte; magari qualche altro referente può avere orari compatibili con le scuole e può andare a sensibilizzare i bambini o andare nelle aziende. Speriamo che goccia dopo goccia si diventi un’onda blu.

Perché c’è bisogno di un movimento come Plastic Free?

Il rifiuto gettato a terra, il mozzicone nel tombino che poi va al mare, è indice del livello di civiltà di una comunità, sintomo del distacco tra uomo e natura. Usare il proprio tempo libero e sfruttare i progetti Plastic Free per ripulire uno spazio comune o sensibilizzare persone fa sentire bene per la concretezza stessa del gesto. A mio parere è il simbolo del singolo cittadino che usa la forza della comunità per smuovere qualcosa, senza la pretesa di cambiare subito il mondo né gli altri, ma capendo che bisogna in primis cambiare se stessi.

In dialogo con Roberta Torrente: «Anche la comunità ecclesiale, a mio parere, può agire per la tutela concreta dell’ambiente»

Albenga, alcuni attivisti Plastic Free

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