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«La corsa alle materie prime sta uccidendo il clima globale»

Parigi

Come un bolide lanciato a tutta velocità, l’estrazione mondiale di materie prime ha preso un’accelerazione vertiginosa. Ma questi record conducono pure a polverizzare sempre più le speranze di onorare gli impegni internazionali nella sfida climatica e ambientale. A ricostruire in dettaglio questa corsa è un nuovo rapporto Onu, il Global Resources outlook 2024, a cura di un panel internazionale di esperti associati all’Unep (Programma Onu per l’ambiente). Benché criticato da tempo, l’approccio “estrattivista” dell’economia mondiale continua a dominare, a giudicare dai dati appena pubblicati. Ciò significa pure che la strada virtuosa della sobrietà, nel complesso, resta un ideale ancora ben lontano dalla realtà.

Mezzo secolo fa, sottolinea lo studio, ogni individuo del pianeta consumava in media annualmente 8,4 tonnellate di materiali estratti, mentre oggi si è passati a 13,2. Considerando la parallela crescita della popolazione mondiale, ciò ha portato ad accelerare le cadenze delle estrazioni, fino a un tasso medio del 2,3% di crescita all’anno.

I dati non riguardano le colture agricole, ma l’insieme delle materie prime prelevate dall’ambiente: la biomassa, come il legno, ma anche i minerali e metalli di ogni tipo, accanto ai combustibili fossili, come carbone, petrolio e gas. Questo 2024 dovrebbe così registrare un’ulteriore impennata, con 106 miliardi di tonnellate di materie prime estratte in tutto il mondo. Nel complesso, più del triplo di quanto veniva prelevato nel 1970, ovvero circa 30 miliardi di tonnellate.

Fra i settori che impiegano più risorse estratte, spiccano quello delle costruzioni residenziali, ma anche le reti energetiche, il comparto automobilistico e in generale i trasporti. In termini sociali, il “boom” è associato pure al consumismo delle nuovi classi medie soprattutto in Asia.

Nonostante l’attenzione crescente che ricevono, i costruttori che fanno uso di materiali riciclati restano oggi largamente minoritari su scala mondiale. Lo stesso vale per l’uso di materiali edilizi innovativi a scarso impatto ambientale, come cementi a bassa densità. Secondo Inger Andersen, direttrice esecutiva di Unep, i metodi impiegati restano segnati prevalentemente da un’inerzia di fondo, con risorse «estratte, trattate, consumate e gettate in un modo che provoca la tripla crisi planetaria del cambiamento climatico, dell’inquinamento naturale e dei rifiuti». Fra il 2020 e il 2060, l’estrazione di risorse potrebbe così ancora crescere del 60%: un’accelerazione proiettata verso un superamento della soglia dei 2 gradi di aumento della temperatura media planetaria, ovvero il limite massimo fissato dall’Accordo di Parigi del 2015 sul clima.

Nel braccio di ferro fra inerzia estrattivista e arrivo di una generazione di ‘rammendatori’ del pianeta, è dunque divenuto più urgente che mai, a livello politico e civile, dare una mano ai secondi: « La questione chiave non è più se è necessaria una trasformazione verso un uso globale sostenibile delle risorse, ma come realizzarlo subito».

Il destino, dunque, non è ancora « posto sotto sigillo», ma il tempo stringe.

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Un impianto illegale in Sudafrica dove viene estratto l’oro con metodi rudimentali e soprattutto pericolosi per i lavoratori / Ansa

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