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Aborti «a domicilio» in Scozia

SILVIA GUZZETTI

LONDRA

Quasi nove milioni di feti abortiti, milioni di sterline guadagnate dalle cliniche per gli aborti e un’opinione pubblica che vorrebbe una legge più restrittiva ma non viene ascoltata. A cinquant’anni esatti – ieri – dall’approvazione della legge che ha legalizzato l’interruzione di gravidanza, purché vi sia la firma di due medici che confermano che è necessaria per tutelare la salute della donna, oggi una donna ogni tre in Gran Bretagna abortisce. Esiste anche un forte movimento per la depenalizzazione di quella che così diventerebbe una normale procedura medica.

Ed è proprio di ieri la notizia che, per la prima volta, in Scozia la pillola Ru486 potrà essere assunta dalle donne a casa propria e senza alcun controllo medico. John Deighan, amministratore delegato della Società scozzese per la protezione dei bambini non nati, una delle associazioni più attive tra quelle impegnate a favore della vita, spiega che la pillola abortiva, combinata con quella a base di misoprostolo che ha effetto espulsivo, costituiscono una forma di aborto a domicilio e «segnano un ritorno all’epoca degli aborti clandestini quando la salute delle donne era a rischio».

«Donne vulnerabili, intrappolate in situazioni difficili, verranno rimandate a casa con queste pillole così che non rappresentino più un problema – denuncia Deighan –. Ricerche mediche dimostrano che le donne che abortiscono sono a maggiore rischio di malattie mentali».

«Ieri alle 11.04, insieme a esponenti delle associazioni per la vita, abbiamo osservato un minuto di silenzio davanti al parlamento di Westminster, per ricordare gli 8.894.355 bambini non nati per aborto negli ultimi 50 anni», spiega Lord Alton, l’esponente cattolico più in vista della politica britannica. «La legge approvata nel 1967 – aggiunge – prevedeva che l’aborto venisse attuato soltanto in circostanze ritenute eccezionali. Oggi neonati vengono trovati morti nei cassonetti, il giuramento di Ippocrate è stato eliminato dai corsi di medicina perché prevede una condanna dell’aborto, e nelle università laiche chi si batte a favore della vita viene zittito».

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