«Investimenti a impatto per convertire la finanza»
ANDREA DI TURI
È un messaggio chiaro e potente quello emerso dalla terza Conferenza vaticana sugli Investimenti a Impatto organizzata nei giorni scorsi a Roma. Padre Augusto Zampini Davies, coordinatore Fede e sviluppo del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (che ha organizzato l’evento insieme a Catholic Relief Services, agenzia umanitaria della comunità cattolica statunitense), lo sintetizza così: «C’è bisogno di una grande conversione nella finanza».
Dopo quelle del 2014 e del 2016, quella di quest’anno è già la terza conferenza internazionale del Vaticano sugli investimenti a impatto. Quali le ragioni di questo forte impegno?
La finanza può giocare un ruolo molto importante nell’accelerare la 'giusta transizione', come dice papa Francesco, da un’economia basata sulle fonti fossili di energia a un’economia diversa. Che promuove lo sviluppo umano integrale e l’ecologia integrale, per usare il linguaggio della Chiesa. O che punta a realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, per usare il linguaggio del mondo. La finanza non è un fine in sé, il fine sono i bisogni della società. Occorre rivedere il modo in cui misuriamo il ritorno di un investimento, che deve anche essere sociale e ambientale.
In che modo questa conversione può concretamente realizzarsi?
Ci sono risorse ingentissime oggi investite ad esempio in attività inquinanti, come le fonti fossili di energia, o che non hanno un impatto sociale positivo, come attività in cui si utilizza lavoro 'schiavo'. Serve una trasformazione strutturale e in tempi brevi, perché non abbiamo cinquant’anni a disposizione. Ma il cambiamento non può essere imposto: va proposto, incontrando chi gestisce grandi risorse, gli investitori pubblici e privati. Occorre investire in attività che hanno un impatto positivo sulla società e l’ambiente, guardando al lungo periodo.
Ci sono ambiti in cui gli investimenti a impatto sono più necessari o urgenti?
La conferenza ha proposto quattro ambiti, nelle precedenti conferenze ci si era focalizzati su altri temi. Sono i seguenti: l’accesso alle cure sanitarie per i più poveri; l’accesso al lavoro per i giovani; il tema dei migranti e dei rifugiati; e il tema del climate change. Senza dubbio c’è una grande urgenza sui temi dei migranti e del climate change, ma in realtà è tutto interconnesso. Perché, per esempio, non investire nella lotta al climate change, o nell’accesso alle cure, significa acuire la questione di migranti e rifugiati. Se vuoi investire su istanze sociali, cioè, devi investire su quelle ambientali. E se vuoi investire per proteggere la natura, devi considerare anche le istanze sociali.
Dopo queste giornate di incontri, partecipatissime, quali sono le vostre attese anche in previsione della quarta conferenza tra due anni?
Uno degli obiettivi di questa conferenza era stimolare un aumento degli investimenti e degli investitori a impatto. Da un lato auspichiamo che chi già investe a impatto una parte del suo portafoglio, aumenti consistentemente la quota dedicata agli impact investment, fino al 60, 80, 90%, altrimenti il cambiamento strutturale che oggi è richiesto non avverrà. Dall’altro, che chi ancora non lo ha fatto, inizi a investire a impatto. Gli investimenti a impatto, cioè, devono diventare mainstream. C’è bisogno anche di leader, in quest’ambito, e questo ruolo dev’essere svolto dagli investitori maggiori, come fondi pensione o fondi di private equity, poi gli altri seguiranno. La misura della conversione di cui parlavo sarà data da quanti capitali saranno indirizzati verso investimenti a impatto.
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Padre Augusto Zampini Davies