SHARE Share Button Share Button SHARE

Istat.

ALESSIA GUERRIERI

ROMA

Un passo avanti e uno indietro. E ad arretrare per i carichi familiari sono due volte più le donne, soprattutto nel lavoro. A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, alcuni stereotipi sembrano essere ormai sulla via del tramonto, come il modello culturale dell’uomo che solo portava a casa lo stipendio o l’asimmetria nella coppia sui ruoli domestici. Soprattutto tra i giovani. Ma, secondo il report Istat- dipartimento Pari opportunità sulle discriminazioni di genere, è la parola rinuncia quella che adesso contraddistingue la vi- ta dei cittadini, almeno di quei 14 milioni di persone (32% della popolazione) che per responsabilità familiari ha dovuto dire 'no' a un miglior incarico, al full-time o qualche volta addirittura a un lavoro.

Quattro donne su dieci infatti, contro il 19% dei maschietti, hanno messo al primo posto la famiglia anziché l’ufficio. E questo non dipende certo dalla falsa leggenda che una madre lavoratrice non riesce a istaurare un buon rapporto con i figli (lo pensa solo il 35% egli italiani). E neppure dal perdurare della teoria che, in un momento di crisi occupazionale, il 50% delle persone ritiene più giusto che un datore di lavoro assuma un padre di famiglia piuttosto che una madre. Molto più incidono, invece, la carenza di politiche di conciliazione famiglia- lavoro e i servizi sociali sul territorio.

Sono infatti gli stessi uomini, nel 75% dei casi, ad ammettere che le donne sono migliori leader politici e dirigenti, ma appena il 42% le considera utili nel mondo degli affari. In sostanza, le manager in gonnella sono più brave ma è meglio non dagli troppo spazio. I retaggi del passato «vanno affrontati anche con necessarie forzature» nelle politiche a tutela delle donne, ammette il sottosegretario Maria Cecilia Guerra, perché privare una parte del genere umano dell’autonomia economica «ha conseguenze dolorose, come l’incapacità di reagire delle donne» in caso di crisi familiari. Solo «apparenti contraddizioni ». Le definisce così Linda Laura Sabbadini, direttore del dipartimento sociale dell’istituto di statistica, quando mostra che anche gli uomini hanno maggiore consapevolezza delle discriminazioni delle donne, dei loro superiori carichi familiari e degli ostacoli che affrontano per realizzarsi sul lavoro. Nonostante ciò, visto che «si è in una fase di transizione in cui persistono vecchi modelli modernizzati », metà della popolazione senza differenze di genere pensa che l’uomo sia meno adatto a occuparsi delle faccende domestiche; altrettanti che è lui a dover farsi carico del mantenimento della famiglia e i tre quarti che la divisione del lavoro in casa è giusta. Tutti passi indietro che, con le opportune politiche, potrebbero far fare all’Italia il salto di qualità. E su questo i numeri concordano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Continuano a mancare politiche che permettano una vera conciliazione

SHARE Share Button Share Button SHARE